Vincere non è (più) l'unica cosa che conta

"Sono fiducioso che da qui al 2026 la Ferrari tornerà a vincere un Mondiale Costruttori e un Mondiale Piloti. Ci riusciremo prima dei 20 anni di digiuno".
Era stato l'attuale presidente della Ferrari, John Elkann, a pronunciare queste parole nel Settembre del 2022, sulla scia di una stagione che per la Rossa aveva rappresentato, seppur con risultati altalenanti, un ritorno alla competitività, grazie a quel piccolo gioiello che portava il nome della F1-75, monoposto tanto bella e veloce quanto dannata.
A distanza di quasi tre anni da quelle dichiarazioni, cosa è cambiato? Tutto, o forse niente. Di certo a cambiare è stato il team principal: da Mattia Binotto si è passati a Frederic Vasseur.
Se nel 2023 aveva ereditato una monoposto non sua, con tutte le attenuanti del caso, nel 2024 il manager francese era stato capace di mettere in pista una vettura solida e tenace, in grado di ottenere 5 vittorie e di sfiorare il Titolo Costruttori. Ma, soprattutto, aveva dato modo a tutto il mondo Ferrari di tornare a sognare.
Un sogno durato tuttavia solo tre mesi, giusto il tempo di arrivare in Bahrain per i test pre-stagionali di quest'anno. La vecchia e cara SF-24 ha lasciato il posto ad una SF-25 che, a parte lo step numerico, si è rivelata una monoposto totalmente diversa: instabile, poco performante e dal comportamento inspiegabile, con una competitività dissolta nel nulla.
È vero, addossare la colpa del fallimento al team principal di turno sta diventando una cattiva abitudine in questi ultimi anni. Ma è anche vero che i responsabili di questa ennesima debacle esistono, e sono da ricercarsi per forza di cose all'interno delle mura di Maranello.
A cambiare poi in questi anni è stato anche uno dei piloti: da Carlos Sainz si è passati a Lewis Hamilton.
Partiamo dai numeri, quelli non sbagliano mai: 105 vittorie, 104 pole position e 7 Campionati del Mondo conquistati nell'arco della sua carriera. Tradotto: il britannico non deve dimostrare più niente a nessuno. Ed è proprio per questo forse che vederlo in quelle condizioni è anche peggio dei risultati deludenti che sta raccogliendo.
In ogni post-gara, il numero 44 di Stevenage sembra sempre più confuso, contraddittorio e a tratti rassegnato, segno probabilmente di un uomo che si trova nel bel mezzo di una situazione mai affrontata prima, incastrato, come lui stesso ha più volte ammesso, in un "sistema che non funziona e in una mentalità che non c'è".
Qualcuno pensa che a 40 anni le motivazioni si affievoliscano. Può darsi. Eppure, Hamilton sembra essersi messo con umiltà a disposizione della squadra, offrendo esperienza, consigli, visione, fattori che però sembrano scontrarsi con il più classico e qualunquista mantra aziendale italiano del "qui da noi si è sempre fatto così e continueremo a fare così".
L'unico a essere rimasto al proprio posto in questi anni è stato Charles Leclerc.
Si potrebbero dire tante cose sul monegasco. Ma basta guardare il suo volto negli ultimi Gran Premi per rendere superflua qualsiasi tipo di parola. Gli occhi di Charles non mentono mai, raccontano tutto. E in loro sono racchiusi questi 7 anni vissuti in Rosso, un sogno che se da un lato si è realizzato, dall'altro rischia di diventare un tormento.
E per un ragazzo innamorato della Ferrari, questo fa ancora più male di qualsiasi vittoria mancata.
Tornando infine a quelle dichiarazioni rilasciate nel Settembre 2022 da John Elkann, sorge spontanea una domanda: in questi anni sono stati realmente fatti progressi, sviluppi, tentativi concreti o c'è mai stata la reale volontà di tornare al successo?
Le risposte possibili sono due. O continua ad esserci sempre qualcuno più bravo della Ferrari, cosa plausibile nel mondo della Formula 1, oppure, a Maranello, vincere non è più l'unica cosa che conta davvero.