Il Pagellone del Gran Premio del Brasile

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Pasquale Panarelli
Ferrari, Brasile

"Ma è un canto brasileiro", cantava Lucio Battisti.

E davvero, a Interlagos, tutto sembra seguire un ritmo diverso: quello del samba, del cuore e del motore.

Lì dove l'asfalto respira ancora il nome di Ayrton Senna, ogni curva è una nota e ogni sorpasso un colpo di percussione. Il circuito José Carlos Pace non è solo una pista: è un palcoscenico dove la passione brasiliana si mescola al rombo dei V6, e la pioggia minaccia di far parte dell'orchestra.

Tra nuvole in agguato, salite assassine e tifosi che cantano più forte dei motori, abbiamo assistito ad un week-end tutto ritmo e coraggio.

Perché a Interlagos, più che una gara, va in scena una samba in piena velocità.

McLaren, voto 9: Week-end perfetto per il James Hunt 2.0 - no ma ragazzi, ho sentito dei commenti in TV che mi hanno fatto invidiare l'acufene di mio padre - che si prende vittoria Sprint e gara con la naturalezza di chi ordina un caffè.

Lando guida tra frizzi e lazzi, abbracciando un'opportunità che capita una volta sola e mettendo il sigillo su un Mondiale che ormai può solo sfuggirgli di mano. Dall'altra parte del box, invece, Piastri sembra aver smarrito la bussola: errori, difficoltà e una penalità di dieci secondi dopo il contatto che lo lasciano quinto e con la stessa espressione di chi ha partecipato al carnevale con due piedi sinistri.

Mercedes, voto 8: Il Brasile ci regala un Antonelli in modalità "casa dei tre porcellini": ci soffiano tutti, ma non crolla. Solido, lucido, resistente come mattoni ben posati, tiene dietro un Verstappen indemoniato con una freddezza che non ti aspetteresti da un debuttante. E per di più batte Russell - proprio qui, su una pista che l'inglese ha sempre amato - mettendo la firma su un fine settimana da veterano.

Che forza questi rookie: hanno il talento fresco, piede pesante e la testa già d'acciaio.

Red Bull, voto 8: Una rimonta tutto cinema-cinema-cinema per Max, che al sabato sera porta la macchina dal meccanico per montare le gomme invernali e la domenica si infila nella cabina telefonica di Superman. Esce con il mantello, rimonta, attacca, infiamma il pubblico e per un attimo fa persino credere che la vittoria sia possibile.

In ogni caso bene, in ogni caso bravo, perché la sua è una recita da protagonista assoluto, con il solito carico da novanta di volontà e determinazione che nemmeno Spielberg riuscirebbe a dirigere meglio.

Haas, voto 9: Parte coi grandi, sorpassa, pit-stop, riparte dietro e rimonta. Bearman non si scoraggia, anzi: si reinventa ogni volta, come un funambolo dell'automobilismo. Gara pulita, grintosa, piena di carattere - e il confronto con Ocon, veterano con più chilometri di un FlixBus, comincia a farsi davvero imbarazzante.

In un week-end in cui la Ferrari ha scatenato nei tifosi reazioni a due metri dalla scomunica, lui è stato l'unico a restituire un sorriso, regalando agli appassionati italiani una boccata d'aria buona. Fuori dalla pista "Teddy Bear-man" è il solito ragazzo educato e sorridente, dentro, un piccolo fuoriclasse che sta trasformando la Haas in un raro motivo di gioia per chi vive di rosso.

Ferrari, voto 6: Ma per non vedere più delle prestazioni del genere, dove devo firmare, sul Registro delle Opposizioni? Tifare la Ferrari di Formula 1 invece di concentrasi su quella del WEC, è come regalare al gatto la cuccetta di Hermes e scoprire che preferisce la scatola di cartone.

Sir Luigi interpreta la gara lunga con la gestione spazio-tempo di un anziano con l'Alzheimer, mentre Charles affronta l'ennesima sfortuna con la serenità di chi sa di avere ormai la tessera gold. Risultato? Zero tituli. La sufficienza è d'ufficio - solo per non togliere anche l'unico mezzo sorriso della Sprint.

Aston Martin, voto 5: Proprio nell'unica pista dove l'Aston aveva dato segnali di risveglio - specie nella Sprint, dove sembrava quasi tornata la Verdona dei bei tempi - la furia di Tsunoda-san si abbatte su Stroll, mandando in frantumi quella che poteva essere una rara fiaba a lieto fine. E dire che il buon Lance, da degno erede canadese dei Villeneuve (e se per Norris abbiamo tirato in ballo Hunt, perché non loro?), pareva finalmente sulla strada giusta. Poi, al giro 52, il disincanto: superato da Gasly e Hadjar nella stessa curva, come al casello con la corsia Telepass chiusa. Ma lasciamo perdere - anche le favole, a volte, finiscono con un crash.

Racing Bulls, voto 9: Gran bella gara per i giovani di casa Red Bull, che con due strategie azzeccate e una dose generosa di coraggio timbrano un doppio arrivo in top ten.

Difendono con le spalle larghe, mordono quando serve e portano a Faenza 10 punti d'oro, allungando sulle vetture di Silverstone. Una prestazione da corrida vera, dove a uscire vincitori - stavolta - sono proprio i tori.

Williams, voto 5: Logo nuovo, livrea fresca di forno, ma i problemi… sempre d'annata. La storica scuderia di Grove chiude la trasferta brasiliana in versione "pallottola spuntata", segno che la testa - e forse anche il portafoglio - sono già al 2026, con la speranza di tornare finalmente tra i grandi.

Albon e Sainz arrancano, si difendono come possono, ma al cospetto di Interlagos appaiono più impreparati dei guardiani del Louvre. Una stagione altalenante, sospesa tra il "beh" e il "mah", dove l'unica certezza è che, per tornare competitivi, servirà molto più di una bella livrea: servirà un miracolo, o almeno un budget gonfiato di speranza.

Kick Sauber, voto 7: Lacrime amare per il beniamino di casa, che tra la frombolata del sabato e la mestizia della domenica raccoglie solo i cocci di un week-end che sembrava scritto per la gloria. In gara ha percorso sì e no 1400 metri - persino più desolante del mio record di jogging.

A salvare l'onore della baracca ci pensa Re Hulk, che con la costanza di chi non perde mai il ritmo del samba porta altri due punti preziosi. La Sauber ora balla a quota 62 nel Mondiale Costruttori, con tanto di podio in bacheca: niente male per chi, fino a poco tempo fa, suonava il triangolo in fondo all'orchestra.

Alpine, voto 6: Inquadrate, sempre. Non perché vadano forte, ma perché ogni volta che c'è una sportellata, un testacoda o un duello perso per un pelo… ci sono loro. Gli sponsor ringraziano: visibilità a palate, punti molto meno.

Colapinto, dopo aver abbracciato il muro nella Sprint, in gara si riscatta con grinta da gladiatore, ormai così abituato a lanciare il cuore oltre l'ostacolo da meritarsi una convocazione nella nazionale argentina di pallavolo.

Gasly invece pesca il jolly: si infila tra i superstiti come chi entra all'ultimo a un buffet e porta a casa un miracoloso decimo posto. Non sarà champagne, ma almeno un bicchiere di Fernet per festeggiare, stavolta, se lo sono guadagnato.