Rapporto di compressione, ecco perché i conti (al momento) non tornano

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Claudio Brembati
Power Unit Gate

Nelle ultime ore sono trapelate numerose indiscrezioni relative al presunto sfruttamento di zone grigie del regolamento tecnico 2026 da parte di alcuni costruttori di Power Unit, in particolare Mercedes e Red Bull Powertrains.

Le normative valide per il 2026 stabiliscono un rapporto di compressione di 16:1, ridotto rispetto al valore di 18:1 in vigore fino alla fine del 2025.

Secondo le informazioni disponibili, i suddetti costruttori avrebbero individuato una soluzione per ripristinare il valore precedente, sfruttando la dilatazione termica del gruppo pistone-biella durante il funzionamento del motore.

L'obiettivo di questa analisi è quindi quello di verificare se tale ipotesi sia tecnicamente plausibile sulla base delle nozioni e dei dati attualmente disponibili.

Il rapporto di compressione è un parametro adimensionale che esprime la relazione tra il volume totale del cilindro al punto morto inferiore (PMI), indicato con "V", e il volume residuo al punto morto superiore (PMS), indicato con "v", nel quale la miscela aria-benzina viene compressa prima della fase di combustione.
Il rapporto di compressione è definito dalla seguente relazione:

  • RdC = (V + v) / v

Poiché il regolamento stabilisce sia la cilindrata totale che la configurazione a sei cilindri per i motori 2026, è possibile calcolare la cilindrata unitaria V e il volume residuo v per i due rapporti di compressione in esame (18:1 e 16:1):

  • V = 1600 cc / 6 = 266,7 cc = 266700 mm³
  • Per RdC 16:1 → v = 17777,77 mm³
  • Per RdC 18:1 → v = 15686,27 mm³

La differenza tra i due valori di volume residuo ammonta quindi a circa 2091,5 mm³.

A questo punto sorge la domanda fondamentale: come sarebbe possibile ottenere una tale riduzione del volume "v" sfruttando la dilatazione termica dei componenti del gruppo pistone-biella?

Seguendo le indiscrezioni emerse, l'ipotesi è che siano il pistone (con la relativa sede) e la biella ad aumentare di dimensione per effetto termico, e che siano esclusivamente gli effetti geometrici a determinare la variazione del rapporto di compressione.

Per semplificare l'analisi, si assume che il pistone dilati maggiormente in diametro rispetto alla dimensione assiale compresa tra la superficie superiore e il perno di collegamento con la biella. Questa ipotesi trova giustificazione nella geometria tipica dei pistoni da competizione, che presentano un profilo piuttosto "corto", con il diametro spesso significativamente maggiore dello sviluppo in altezza.

Tuttavia, un incremento del diametro comporterebbe un aumento del volume della camera di combustione, effetto che contrasterebbe con la riduzione del volume v e con l'aumento del rapporto di compressione oggetto dell'indagine.

Per questo motivo, ai fini dell'analisi, si trascurerà la dilatazione del pistone. È importante sottolineare che si tratta di una semplificazione significativa e di un'assunzione forte dal punto di vista fisico, ma non del tutto campata per aria se si considerano le difficoltà tecniche legate alle strettissime tolleranze necessarie per il corretto funzionamento del pistone nella sua sede.

L'attenzione si concentra quindi sulla biella che, essendo un componente relativamente snello, si presta in linea di principio a un allungamento per dilatazione termica tale da poter ridurre il volume della camera di combustione e, di conseguenza, aumentare il rapporto di compressione.

Poiché l'alesaggio è fissato dal regolamento a 80 mm e, come ipotizzato, non varia significativamente per effetto della temperatura, è possibile stimare l'altezza della camera di combustione (hv) per i due rapporti di compressione in esame:

  • Per RdC 16:1 → hv = 3,537 mm
  • Per RdC 18:1 → hv = 3,121 mm

La differenza di altezza tra le due configurazioni risulta quindi:

  • Δhv = 3,537 - 3,121 = 0,416 mm

Per passare da un rapporto di compressione di 16:1 a 18:1, la camera di combustione dovrebbe pertanto ridursi in altezza di circa 0,416 mm.

A questo punto è necessario verificare se tale valore possa corrispondere plausibilmente alla variazione di lunghezza della biella indotta dalla dilatazione termica durante il funzionamento del motore.

Il regolamento stabilisce che la distanza tra testa e piede di biella (i punti di collegamento rispettivamente all'albero motore e al pistone) deve essere compresa tra 119,5 e 120,5 mm.

Per semplicità, si assume un valore medio di 120 mm. Per quanto riguarda il materiale, il regolamento prescrive l'utilizzo di acciaio o di leghe di titanio non meglio specificate. Ai fini dell'analisi, si ipotizza l'impiego di una lega di titanio caratterizzata da un coefficiente di dilatazione termica lineare pari a 9,0×10⁻⁶ °C⁻¹ (equivalente a 9,0 μm/m·K).

Con tale coefficiente, un componente di lunghezza pari a 1000 mm (1 metro) si allunga di circa 0,0090 mm per ogni grado di incremento termico.

Di conseguenza, la biella di lunghezza 120 mm si allungherebbe di circa 0,00108 mm per ogni grado di aumento della temperatura. Per ottenere l'allungamento necessario di 0,416 mm, sarebbe richiesto un incremento termico pari a:

  • ΔT = 0,416 / 0,00108 ≈ 385,2°C

Ipotizzando una temperatura ambiente di 20°C, la biella dovrebbe raggiungere una temperatura di esercizio di circa 405°C durante la fase di compressione per dilatarsi in misura sufficiente a modificare il rapporto di compressione dal valore regolamentare di 16:1 al valore precedente di 18:1.

A questo punto è necessario valutare se lo scenario ipotizzato sia realisticamente plausibile, considerando le temperature effettive che caratterizzano questa zona del motore. Le temperature nella camera di combustione raggiungono valori estremamente elevati, dell'ordine di circa 2.000°C.

Tuttavia, il gruppo pistone lavora a temperature significativamente inferiori per diverse ragioni: l'esposizione alle temperature di combustione avviene per intervalli di tempo brevissimi, una parte consistente del calore viene ceduta agli organi adiacenti, e il sistema è sottoposto a un raffreddamento intenso.

Il circuito di raffreddamento dell'olio motore opera a circa 150°C (uscita motore), il che fornisce un'indicazione dell'ordine di grandezza delle temperature di esercizio del gruppo pistone.

È ragionevole ipotizzare picchi locali di alcune decine di gradi in prossimità del cielo del pistone (zona esposta direttamente alla combustione) o dei cuscinetti (dove si concentrano le sollecitazioni da attrito), ma risulta altamente improbabile che il sistema possa operare stabilmente a 400°C.

A queste considerazioni termiche si aggiunge l'estrema complessità progettuale legata allo sviluppo di una biella che, oltre a essere sottoposta a sollecitazioni cicliche di fatica molto elevate, dovrebbe gestire anche un significativo stress termo-meccanico derivante dalla dilatazione controllata ipotizzata.

Alla luce dell'analisi condotta, sebbene Mercedes e Red Bull Powertrains possano disporre di un vantaggio tecnico derivante dallo sfruttamento di una zona grigia del regolamento, appare estremamente improbabile che tale vantaggio derivi dalla dilatazione termica del sistema biella-pistone, come ipotizzato da numerose fonti.

Le condizioni termiche reali di esercizio e le complessità progettuali, infatti, rendono questo scenario, a parere di chi scrive, tecnicamente poco plausibile.

Tuttavia, il polverone alzato dai rivali e le manovre della Federazione suggeriscono che un "segreto" esista davvero, ma che la sua natura sia probabilmente molto diversa e ancora più sofisticata di una semplice dilatazione dei materiali.

Al momento, chiaramente, non abbiamo ancora tutti gli elementi in mano per decifrare con certezza cosa stia succedendo nelle sale prova di Brixworth e Milton Keynes, ma una cosa è certa: la partita tecnica per il 2026 è appena iniziata e la verità potrebbe essere più complessa di quanto immaginato finora.