Il Pagellone dei Team Principal (e non solo)

By
Pasquale Panarelli
Pagellone - Team Principal

Prima di tutto: grazie.

Ai Fedeli Lettori - sì, proprio voi che avete trasformato un giochino nato per ridere in un plebiscito degno delle grandi occasioni.

Con immenso piacere - e una leggera tremarella da "oh mamma, ora tocca farlo sul serio" - posso annunciare ufficialmente che Il Pagellone 2026 debutterà a seguito del Gran Premio d'Australia, il 9 Marzo 2026. Segnate la data: io ci sarò, voi pure (spero), e prometto emozioni, drammi e un uso illecito delle metafore.

A Natale siamo tutti più buoni. O almeno, è quello che mi ripeto per evitare di finire a rispondere a querele sotto il vischio. Ma questa volta, complice l'aria frizzante delle feste e un paddock che ha sfornato più intrighi di una soap venezuelana, ho deciso di lasciare nel cassetto la temuta penna rossa e di impugnare una più pacifica fetta di pandoro. Niente voti numerici dunque: per celebrare degnamente la stagione, a ciascun team principal/uomo al comando assegnerò il titolo di un film di Natale. Una gioia per me in quanto cinefilo, un rischio per loro.

Prima di partire con la maratona cinematografica, però, vi lascio i miei auguri più sinceri e quelli della Redazione: che il vostro Natale sia sereno, scintillante e privo di parenti indesiderati in trenino DRS. E soprattutto… incrociate tutte le dita per la vostra scuderia del cuore.

Signore, Signori… che la proiezione abbia inizio.

McLaren, Andrea Stella: Nightmare before Christmas

Mentre gli altri scartavano calzini, bagnoschiuma al pino silvestre e maglioni della zia, Stella ha portato in pista un incubo, ma per gli avversari. La McLaren MCL39 ha dominato la stagione con 12 vittorie e oltre 800 punti, roba da far sembrare la Red Bull del 2024 un'utilitaria in panne sulla Salerno-Reggio Calabria.

Ha gestito la coppia Norris-Piastri - la "Papaya Army" - con la freddezza del professionista navigato qual è, anche quando a Monza ha orchestrato lo scambio di posizioni con la calma di chi sta ordinando un caffè al banco. È il Re di Halloween che ha deciso di rapire il Natale, addobbarlo di arancione e spiegare a tutti, con grafici e telemetria, perché il suo regalo è oggettivamente migliore del tuo.

Mercedes, Toto Wolff: Mamma, ho perso l'aereo

Povero Toto. Si è svegliato una mattina e si è accorto che la famiglia era partita per il Titolo senza di lui. Ha chiuso secondo nel Costruttori, è vero, ma si è beccato dalla cugina McLaren uno scroscio di sganassoni che nemmeno Bombolo nei film con Tomas Milian. Ha passato i primi mesi dell'anno incollato alla finestra a guardare il trambusto in casa dei vicini Red Bull, commentando lo scandalo Horner con quel cipiglio moralizzatore da prozia indignata che invoca "trasparenza".

Ma mentre gongolava nel vedere i "ladri" inciampare nelle loro stesse trappole, era troppo distratto per accorgersi che gli stavano svaligiando il salotto da sotto il naso. Passa il tempo a difendere la fortezza dalle insidie esterne e a giustificare un'auto che ha cronici "problemi di assetto", ma ormai è rimasto solo in casa e le sue trappole sono decisamente inefficaci.

Gli auguri vanno sinceri: che il 2026 porti finalmente qualche soddisfazione in più, non solo per la squadra ma anche per quell'egoistica, irresistibile voglia di sentire l'Inno di Mameli risuonare sul gradino più alto del podio.

Red Bull, Laurent Mekies: Una poltrona per due

Quest'anno in Red Bull sembrava di assistere alla versione racing di "Una poltrona per due": ruoli che si ribaltano, poteri che cambiano mano e un clima da trading room il giorno del crollo in borsa. Horner, travolto dal suo ormai celebre vizio a forma di trapezio, è finito a vivere la sua personale fase Winthorpe che barcolla per strada nel vestito di babbo natale, mentre Mekies, come un moderno Valentine, veniva improvvisamente catapultato nella poltrona buona. Il colpo di scena - il vero Friday Trading - ha consegnato a Mekies il controllo operativo, con Verstappen che nel frattempo accumulava punti e vittorie come se stesse giocando al mercato delle arance congelate. Tutto, mentre la scuderia oscillava tra manovre interne degne dei Duke & Duke e tentativi di mantenere l'apparenza di una banca d'investimento rispettabile.

La seconda metà di stagione ha visto Mekies muoversi con il sorriso disarmante di chi sembra capitato lì per caso ma, carta dopo carta, chiude sempre le operazioni giuste. E proprio come nel film, il finale ribalta l'ordine naturale delle cose: il "gorilla" che trascina via il vecchio potere, qui, ha le sembianze di Helmut Marko, accompagnato all'uscita mentre i ruoli si riscrivono. Ora la poltrona è davvero tutta sua. Il 2026 sarà la sua borsa delle arance: o la manovra perfetta che consacra il nuovo boss… o il tonfo che lo rimanda a piedi nudi sulla neve. Pop-corn pronti.

Ferrari, Frederic Vasseur: Una promessa è una promessa

La mia vista è talmente scarsa che credevo di averci visto un leader, ma Vasseur quest'anno è sembrato più che altro il protagonista disperato di "Una promessa è una promessa": sempre in affanno, sempre a caccia di un bambolotto irraggiungibile (la prestazione) mentre il mondo gli crolla addosso. In pista e ai microfoni è stato un autentico funambolo dell'aria fritta, servendo il suo piatto forte - "dobbiamo estrarre il potenziale" - con la costanza di un disco rotto.

E le palle per l'albero? Ha provveduto lui: ne abbiamo una per ogni promessa scintillante e fragilissima che ci ha rifilato da Dicembre 2024 a Marzo 2025.

Il bilancio è impietoso: zero vittorie, un crollo verticale rispetto alle cinque dell'anno scorso e una lotta nel Costruttori talmente loffia da far tenerezza. E poi c'è quel ghigno bonario, paciarotto, che dopo l'ennesima qualifica da mani nei capelli ti fa venire voglia di scuoterlo per chiedergli se sta guardando quel che vediamo noi. La trama dell'anno è stata grottesca, degna di una commedia degli equivoci: un presidente che voleva un pilota, un team principal che voleva lo stesso pilota, un pilota che voleva la scuderia... e alla fine una scuderia che si è rivelata tragicamente non all'altezza di nessuno.

Per Leclerc, per esempio, il clima è diventato talmente pesante che, come ciliegina sulla torta, gli manca solo che gli sostituiscano Bryan Bozzi con Mario Giordano. Ora lui è esausto, i tifosi sono esausti: l'anno prossimo non basterà più correre a vuoto come Schwarzy nel film per cercare il regalo all'ultimo minuto. Stavolta quella promessa la si dovrà mantenere davvero, o non resterà più nemmeno l'albero sotto cui piangere.

Williams, James Vowles: Miracolo nella 34a Strada

Se qualcuno mi avesse detto che la Williams avrebbe fatto un salto quantico dal nono al quinto posto, passando da 17 a 137 punti, avrei chiamato la neuro o l'antidoping. E invece James Vowles ha dimostrato che Babbo Natale esiste, o almeno che esiste l'aerodinamica fatta bene. Con Sainz che porta a casa due podi, Vowles ha trasformato una scuderia da bassifondi in una realtà solida, sancendo il miglior piazzamento dal 2016. Ha definito il risultato "un sogno diventato realtà"; e noi siamo costretti a crederci, proprio come nel film: l'assurdo diventa reale e la Williams torna a essere una squadra di Formula 1 e non un reperto archeologico. Molto, molto bene.

Racing Bulls, Alan Permane: Parenti serpenti

Mi ricordava il bambino al quale affidano la gestione dell'animaletto domestico dopo che mamma e papà si mettono a litigare furiosamente in salotto lanciandosi i piatti del servizio buono. Una famiglia, quella allargata Red Bull, che litiga come i polli di Renzo. Permane ha cercato di tenere insieme i cocci in un team laboratorio che non sa bene se vuole essere grande o restare piccolo, mentre i parenti "ricchi" si scannavano per l'eredità e il controllo del patrimonio. Il risultato è una cena di Natale dove tutti sorridono ma sotto il tavolo si tirano calci sugli stinchi.

Aston Martin, Andy Cowell: Un principe per Natale

Una stagione insipida, in calo, senza grandi piazzamenti né podi, scivolando tristemente al settimo posto finale. Cowell è sembrato quel protagonista belloccio ma scialbo di certi film di Natale di serie B prodotti per Prime Video: sta lì, fa il suo compitino, sorride alle telecamere, riorganizza la fabbrica, ma sai già che il vero principe arriverà solo dopo i titoli di coda. E infatti lui prepara il terreno, ma da Gennaio 2026 deve cedere il trono a Adrian Newey. È il reggente in attesa del matrimonio reale che conta davvero, colui che scalda la poltrona e controlla che l'argenteria sia lucida per l'arrivo dell'unico vero nobile in grado di far cambiare le sorti del regno.

Haas, Ayao Komatsu: Festa in casa Muppet

Hanno pescato dal mazzo un giovanotto, Oliver Bearman, che tira come se nelle narici avesse sempre profumo di arrosto con le patate, sfiorando persino il podio in Messico. Una stagione chiusa all'ottavo posto, ma con 79 punti: un risultato positivo per chi partiva come cenerentola. Komatsu è come Kermit la Rana che cerca di dirigere uno spettacolo nel caos più totale, tra budget risicati, forniture esterne non proprio di livelli fantasmagorici e piloti esuberanti, riuscendo però a portare a casa la pagnotta. Caotici, rumorosi, magari perdono qualche pezzo per strada, ma alla fine ti strappano un sorriso e il pubblico applaude. E a volte la cosa conta non poco.

Sauber, Mattia Binotto (Jonathan Wheatley, ci conceda questa "licenza poetica"): Il Grinch

Lassù, sulla cima del Monte Crumpit - pardon, Hinwil, dove l'aria è rarefatta e le tasse leggere - Mattia Binotto osserva. Ufficialmente lavora per Audi, ma lo sguardo scivola inevitabilmente verso Maranello, con quel misto di empatia pelosa e soddisfazione repressa. In un'intervista ha confessato di "soffrire come i tifosi" per la Ferrari, ma sotto sotto lo immagini ghignare, pronto a rubare i doni sotto l'albero del prossimo Natale.

La sua Sauber è ancora un cantiere aperto, ma lui già si gode la crisi della vecchia fiamma come chi spia il profilo dell’ex appena scaricata dal belloccio per cui ti aveva mollato. È il karma, servito freddo come un vin brûlé dimenticato sul balcone.

Alpine, Flavio Briatore (dal momento che Alpine, un team principal vero e proprio, non ce l'ha): Conciati per le feste

Ultimi. 22 miseri punti. Un disastro nucleare. Ad Enstone sembrano tutti intontiti dalla camomilla o sazi dal troppo panettone. Flavione è tornato per dare la scossa, urlando ai quattro venti che lui "ha 74 anni e deve sbrigarsi a vincere", ma per ora l'unico risultato è stato vedere un talento come Gasly evaporare negli affanni di una macchina che non va nemmeno col pit-limiter. Serve un po' di brio, diamine! Non dico i festini di Lord Hesketh - e nemmeno quelli più allegri del Berlusca - ma un po' di morale alle truppe potrebbe giovare a tutta la compagnia. Se Toto Wolff è un'aquila ferita, Briatore in questo 2025 è sembrato un Dodo che cerca di volare agitando le alette tozze, mentre critica Ferrari e Hamilton senza accorgersi che la sua slitta non ha nemmeno le renne. Vedremo se la forza Mercedes sarà capaci di spingere anche i cavalli dei francesi.