Brasile, è di Max Verstappen il titolo di Hammer of the Day

By
Jacopo Mandò
Max Verstappen, Brasile

In terra di Ayrton, è da tempo che non c'è un Ayrton.

E il tempo, che scorre senza chiedere permesso, ci ha insegnato che forse non ci sarà più.

Perché è così, dopotutto: cambia l'epoca, cambiano gli interpreti, ma il nome resta uno solo.

Eppure, ogni tanto, la storia sussurra che non tutto è perduto. Che ci sono ancora uomini capaci di far tremare la terra sotto le ruote, di piegarla alla propria volontà.

Uomini come Max Verstappen.

Il Brasile, per lui, è diventato la terra della rinascita, della rimonta, della sfida contro la logica.

Un anno fa da diciassettesimo in griglia a primo.

Oggi, dalla corsia dei box al podio.

Non è normale - eppure lui lo fa sembrare tale.

Come se fosse una delle tante, una domenica qualsiasi.

Solo che non lo è. Perché lui non è uno qualsiasi.

Verstappen guida con la furia silenziosa di chi non accetta limiti. Con gli occhi freddi, glacialmente olandesi, ma pieni di un fuoco antico. Quel fuoco che bruciava nel petto di Senna quando pioveva, quando il mondo intero si fermava a guardare un uomo e una macchina diventare la stessa cosa.

E allora sì, in un'epoca che ha reso tutto prevedibile, calcolato, quasi asettico, Max è l'unica crepa nell'ordine perfetto della noia.

In un mondo dove la McLaren domina come una formula matematica, dove ogni vittoria sembra già scritta, lui resta l'imprevisto.

Il colpo di genio. Il bambino che guida come se stesse ancora giocando, ma lo fa a trecento all'ora.

C’è chi dice che la Formula 1 di oggi sia finita.

Che non ci siano più i piloti veri, le macchine indomabili, le corse epiche.

E forse hanno ragione.

Ma poi arriva Verstappen, e improvvisamente il cuore torna a battere.

Perché tutto il resto, davvero, è noia.