Un respiro dopo l'apnea

By
Beatrice Frangione
Charles Leclerc, Ferrari

Prende respiro, Charles. Respira, dopo troppo tempo obbligato ad una frustrante apnea. Settimane di agonia, di aspettative deluse, di bracciate controvento in un mare mosso.

Respira, Charles. Sale sul gradino più basso del podio, godendosi per la prima volta, in quest'anno così difficile, l'atmosfera che esplode per la fine di un Gran Premio da un punto di vista diverso. Dall'alto.

Un terzo posto che sa di "altro", dal valore di qualcosa di più prezioso del bronzo.

Nella notte araba, Charles offre alla Ferrari una direzione diversa da prendere nel suo cammino. Una salita ripida in cui, dopo cinque tappe, finalmente ha una piazzola in cui fermarsi per recuperare energie, capire che la forza per proseguire ci può essere, che non è vero che tutto è da buttare, che qualcosa ha funzionato.

Ha funzionato il pilota, la strategia, la gestione. Almeno da una parte del garage di Maranello. Un talento che ha brillato più delle luci di Jeddah, che ha fatto più rumore dei botti dei fuochi d'artificio.

E che ha sempre accostato alla delusione provata per "ciò che poteva essere e che non è stato", una grande determinazione. Per non dire, un grande amore.

Una passione. Una passione Rossa che lo accompagna sin da quando era una bambino. E che è più grande di tutto quello che avrebbe potuto dargli la possibilità - quante volte, in sette anni - di chiudere la porta alle sue spalle per non riaprirla più.

E mentre un sette volte Campione del Mondo resta in un angolo, Charles ha trovato la posizione al centro della stanza.

Per non spostarsi più.