Le "Papaya Rules" e le sue (pesanti) conseguenze

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Alessio D'Errico
Papaya Rules

La McLaren guidata da Andrea Stella si è affermata come il team rivelazione degli ultimi due anni. Partendo da una base modesta, con monoposto che spesso si trovavano a metà gruppo o addirittura più indietro, la scuderia di Woking ha compiuto un balzo straordinario. In meno di due stagioni, grazie a lavoro, dedizione, sacrifici e, soprattutto, idee innovative, la gloriosa compagine inglese è tornata prepotentemente a lottare ai vertici.

La MCL38, nelle mani di Lando Norris e Oscar Piastri, è ora la migliore auto del lotto: lo è diventata attraverso un salto qualitativo impressionante che ha riportato entusiasmo in una scuderia storica, rimasta impantanata nella mediocrità per anni. Tutto sembra perfetto, emozionante e persino romantico... se non fosse per l'esigenza di guardare con attenzione ai risultati in pista.

McLaren, infatti, ha vinto lo stesso numero di Gran Premi della Ferrari di Charles Leclerc e Carlos Sainz e della Mercedes di Lewis Hamilton e George Russell. Questo rendimento e, soprattutto, la gestione del team meritano un'analisi più approfondita.

È probabile che la McLaren ponga fine all'egemonia della Red Bull nel Campionato Costruttori, tornando a vincere il titolo dopo 26 anni. Tuttavia, le "Papaya Rules", regole interne che stabiliscono come Norris e Piastri siano liberi di lottare - seppur in modo pulito - senza dover sottostare ad alcun gioco di squadra e senza pensare alla classifica nel Campionato Piloti, potrebbero aver consegnato nelle mani di Max Verstappen il suo quarto titolo mondiale, che potrebbe essere ottenuto "solo" grazie all'inerzia del dominio della scorsa stagione, trascinatosi in questa.

Verstappen non vince da sei gare, eppure ha un vantaggio di 62 punti da gestire in otto gare rimanenti. I punti critici della situazione sono due: il primo riguarda la volontà della McLaren di non sacrificare Oscar Piastri a favore di Norris, il secondo riguarda proprio Lando Norris.

Punto uno: La scelta della scuderia di non stabilire gerarchie nette fa discutere, ma è probabilmente un segnale chiaro per il futuro: se il prossimo anno la McLaren lotterà per il titolo, le gerarchie saranno decise dalla pista. E la pista, nelle ultime settimane, sembra favorire un Oscar Piastri audace, coraggioso e talentuoso.

L'attacco all'esterno alla Roggia al primo giro, quando tutti si aspettavano una difesa per il "capitano" (un ruolo ora più in bilico che mai), dimostra l'ambizione di un pilota nato per vincere. Piastri non si sente inferiore a Norris, e le "Papaya Rules" gli permettono di dimostrarlo, anche quando al britannico viene dato il via libera per raggiungerlo. A Monza, tuttavia, quel sorpasso non si è mai materializzato.

Alla questione della rimonta nella classifica piloti, che probabilmente non avverrà a meno di un crollo significativo della Red Bull, si aggiunge un altro aspetto, il punto due: Lando Norris merita tutto il credito per aver creduto in McLaren, attendendola, coccolandola e facendosi coccolare.

Tuttavia, ora che ha finalmente l'opportunità, pur dimostrando un talento di ottima fattura, sta crollando sotto il peso della pressione e di una paradossale tristezza che sembra averlo avvolto da quando ha realizzato il sogno di disporre di una McLaren competitiva. In altre parole, questa McLaren ha le potenzialità per vincere ogni gara, ma tra errori strategici, una mancanza di mordente da parte di Norris e le "Papaya Rules" che creano confusione e imbarazzo, c'è la sensazione netta che questo non accadrà.

E Max ringrazia.