Il Pagellone del Gran Premio di Singapore

By
Pasquale Panarelli
Ferrari Mercedes Singapore


Voliamo a Marina Bay per il diciottesimo Gran Premio della stagione!

Uno dei tracciati più suggestivi del calendario, dove la notte si accende dei riflettori del circuito e la realtà si confonde con il miraggio. Le luci artificiali scintillano sull'asfalto, ma non bastano a rischiarare una gara piena di ombre: duelli solo abbozzati, colpi di scena mancati e un sottofondo di tensione che sembra promettere più di quanto poi mantenga.

Eppure, come ogni anno, Singapore resta un piccolo teatro di magia e illusione, dove anche una scintilla può bastare per incendiare la notte del Marina Bay Street Circuit.

McLaren, voto numero uno: Scelta saggia quella di chiudere i conti nel sud-est asiatico: con questo caldo e questa umidità, un bicchiere di champagne ghiacciato scende che è una meraviglia.

Gli inglesi mettono la corona su una stagione da predatori, baciati da una monoposto così efficace da suscitare più invidia di un collega abbronzato a Novembre. Per fermarli sarebbe servito un aviogetto, un maremoto, una ventina di paracaduti e un Verstappen partito puntualmente dalla pole. Ma niente da fare: hanno corso su un altro pianeta - e il resto della compagnia, impotente, non ha potuto far altro che contemplare un meraviglioso tramonto arancione.

Mercedes, voto 10: Singapore, vado a Singapore, benedette care signore. Così cantavano I Nuovi Angeli in un grande successo anni Settanta, e così ha fischiettato Giorgino per l'intera durata della corsa.

Grande stima di Mr Wolff per il giovane inglese che, forte dei risultati ottenuti di recente, si è lasciato andare in una grande dimostrazione d'affetto: "Ottima la P5 del nostro adorato Kimi. Sono felice anche del risultato di quell'altro".

A breve il rinnovo di contratto, dove abbiamo in esclusiva le condizioni della maggiorazione dell'ingaggio: un buono Mondadori di 10 euro, una motozappa Parkside e ben 24 Goleador assortite.

Ferrari, voto 3: Queste ultime gare stanno facendo piangere ai Tifosi lacrime di sangue, come la Madonna di Civitavecchia, per un Cavallino Rampante che ormai sembra candidato a "miglior nemico dell'uomo".

Le colpe rimbalzano come palline da flipper: Leclerc punta il dito contro la squadra, Vasseur ribatte che "nel Maggio 2002 eravamo competitivi", mentre Hamilton studia una strategia consigliata da nove dentisti su dieci, salvo poi scoprire che la sua monoposto non aveva passato la revisione e frenava come una Fiat Giardiniera.

Risultato? 5 secondi di penalità, 50 punti ai Serpeverde e un week-end da manuale di disorientamento. Un rosso che non infiamma: brucia.

Red Bull, voto 9: Alzi la mano chi pensava che monsieur Mekies avrebbe davvero saputo rimettere insieme i cocci di una scuderia spezzata e divisa. E invece, con un colpo di frusta degno di un domatore del Moulin Rouge, ha tirato fuori nuova linfa dalla RB21, regalando un lumicino iridato a chi ormai lancia il cuore oltre l'ostacolo così spesso da diventare l'Armand Duplantis delle quattro ruote.

Resta solo una missione impossibile: salvare Tsunoda, doppiato e sconsolato, alle prese con una vettura con la quale ha la stessa confidenza di Francesco Totti con l'inglese.

Aston Martin, voto 8: Un pilota formidabile nel corpo a corpo, capace di un'aggressività furiosa temperata da un controllo assoluto. Un campione che trascende le statistiche, amato nei paesi iberici e idolatrato nel resto del mondo. Non parlo ovviamente di Fernando Alonso, ma di Lance Stroll, che dal compagno di squadra incassa all'incirca 30 secondi - no, dico, trenta secondi - nonostante il pit-stop da Camogli all'Autogrill del povero Nando.

Il giorno in cui la Verdona vincerà una gara con Stroll, abbandonerò il mondo delle corse per dedicarmi a ricettari casalinghi e nostalgiche cronache sulle mezze stagioni che - come noto - non sono più quelle di una volta.

Racing Bulls, voto 6: A metà gara la vettura di Hadjar si è trasformata in un aspirapolvere senza filo: brillante per un breve lasso di tempo, poi morente sul più bello, lasciandolo sospeso a fissare le briciole sotto il tavolo della cucina. Eppure il ragazzo ha tirato fuori un virtuosismo da annali dell'automobilismo, difendendosi da Alonso come un guerriero e regalando al pubblico gli unici veri momenti da piedi sul divano.

Nota di merito: ha comunque chiuso davanti a Tsunoda. Non male per un Rowenta da Black Friday.

Williams, voto 6: Dopo il disastro ferroviario delle qualifiche, una rimonta lontana dai riflettori per Carlitos, in un mondo dove un riflettore non lo negano proprio a nessuno. Una prestazione che suggerisce un potenziale ben migliore della decima piazza, ma tant'è. Nota di merito anche per lui: è un po' che si lascia Albon alle spalle.

Che sia l'inizio della definitiva supremazia di Smooth Operator? Ai poster - e alle locandine - l'ardua sentenza.

Haas, voto 7: Finalmente belli frizzanti i puledri Haas, che per una volta non sembrano due comparse in attesa del doppiaggio.

Solido Bearman, che da qualche gara oscilla pericolosamente tra il supereroe e il super errore: stavolta niente marachelle, solo staccate alla Pedro Acosta e una guida pulita, coraggiosa, concreta. Ricompensa: due punti e una nona posizione che, dalle loro parti, vale come vincere Wimbledon con la racchetta della Decathlon.

Alpine, voto 4: Una stagione ben lontana da ostriche e champagne, che rende invece indigesti persino pane e formaggio. La vettura oscilla in curva e trema in rettilineo, tanto che la velocità di punta non si misura in chilometri orari, ma sulla scala Mercalli. Nemmeno Super Max e tutto il resto del podio - i podisti - riuscirebbero a cavarne qualcosa di buono.

Kick Sauber, voto 3: Re Hulk imposta la frenata, ma la vettura s'imbarda come un biplano in picchiata e sfiora il muro, risvegliando di soprassalto lo spettatore che stava sonnecchiando davanti alla TV. Nel frattempo, al box, Sauber inaugura la nuova frontiera della mobilità autonoma: una ruota decide di intraprendere una sua carriera solista, rotolando in pit-lane e rischiando di centrare il povero Tsunoda in uscita. È così che il team ha reinventato la "Ruota della Fortuna": niente consonanti da comprare, solo bulloni da stringere - e la casella finale è sempre la stessa, "Perdi un turno".